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6 marzo 2012 2 06 /03 /marzo /2012 19:08

Per i teorici del Grande Fratello (quello teorizzato da George Orwell, non certo la vergogna della Endemol), lo scambio non è per nulla equo: ogni giorno, Google permette ai suoi utenti di accedere a decine di servizi online in forma gratuita, ma il prezzo da pagare - per quanto non monetario - è comunque troppo alto. Sono tutti i dati che quotidianamente condividiamo con Mountain View (registrando un Google Account o anche solo eseguendo una ricerca), e che entrano nell'ecosistema del mercato pubblicitario a disposizione di decine di società. Google conosce il tuo nome, la tua posizione geografica, utilizza la tua cronologia di navigazione. Tutto con un obiettivo primario: fornire agli utenti inserzioni pubblicitarie mirate, per alimentare quel business che, solo nel 2011, ha stabilito un nuovo record, con un utile trimestrale di 9,72 miliardi di dollari. Dopo l'esordio, Il primo marzo, delle norme unificate sulla privacy 1, il fronte degli scettici ha trovato tuttavia nuovi protagonisti. L'Unione Europea ha espresso "profonda preoccupazione" per le nuove regole 2, sollevando dubbi sulla loro legalità. Il Presidente Obama 3 ha avviato un piano per la protezione dei dati dei consumatori. Per diffondere una maggiore consapevolezza, una start-up italiana, Iubenda, sta sviluppando un servizio 4 che mostri in tempo reale la diffusione dei nostri dati in Rete. Ma per un normale utente che non voglia condividere informazioni con Mountain View, qual è la soluzione? Gli strumenti primari, paradossalmente, sono forniti da Google stessa. La pagina degli "Strumenti per la privacy", per iniziare, illustra tutte le procedure attraverso cui monitorare e cancellare i propri dati dagli archivi Google. È possibile eliminare elementi dalla cronologia di ricerca ("Controlli della Cronologia web") o disattivare la registrazione delle chat ("Chat di Gmail non salvate nel registro"), ma soprattutto usare gli strumenti del "Data Liberation Front" che, per ogni servizio, spiega passo passo come esportare in locale i propri dati per poi cancellarli dai server remoti.  Dalla pagina degli "Strumenti per la privacy" è inoltre possibile accedere alla Dashboard personale 6, che raccoglie le informazioni relative a tutti gli account creati con i servizi Google. 

google_privacy.jpg

Un pannello centralizzato che, per molti utenti, può rappresentare un riepilogo quasi completo delle proprie attività in Rete, dal quale gestire contatti, email, calendari, ma anche le impostazioni di Google+, YouTube, Picasa o di eventuali account esterni collegati, come quelli di Facebook e Twitter.  Qui è possibile persino compiere il proprio "suicidio internettiano": un clic su "Gestisci account", poi su "Chiudi l'intero account ed elimina tutti i servizi e le informazioni associati" e la nostra identità web sarà storia. Ovviamente, da maneggiare con cautela. Per chi non vuole combattere il nemico con le armi del nemico, molti sviluppatori offrono strumenti ad hoc per preservare la privacy. Ogni browser moderno  -  come Internet Explorer, Firefox, Chrome o Safari  -  dispone ormai di una propria modalità per la navigazione privata (o "in incognito"). Queste ultime, tuttavia, cancellano prevalentemente le tracce locali della navigazione, influendo solo in parte sui dati che vengono registrati da Google. Nel caso specifico di Safari, sia in versione desktop che mobile, la situazione è più complessa. Il browser di Apple blocca automaticamente i tentativi di tracking, rendendo teoricamente impossibile per Google la consultazione della nostra cronologia. Un articolo recente del Wall Street Journal ha però rivelato come, inserendo una porzione di codice nei propri siti, Mountain View abbia aggirato questa protezione, di fatto spiando gli utenti Mac, iPhone e iPad...(CONTINUA)

di ivan fulco (Repubblica)

FONTE: http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/03/05/news/come_difendersi_da_google-30868982/

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