Lo stipendio per raggiungere la massima felicità? ''3500 euro al mese''. Infatti, gli studiosi affermano che esisterebbe un “numero magico”, una cifra di reddito sopra cui è inutile andare, in quanto la felicità non aumenta. «Se si ha un figlio servono 3500 euro al mese - dice Giuseppe Roma, direttore del Censis - Purché non si abbia un mutuo da pagare, condizione che accomuna solo una minoranza di italiani, visto che l’80% delle famiglie ha la casa di proprietà». È una cifra ben al di sopra delle possibilità di una buona metà della popolazione, che secondo i dati del Tesoro, presi dalle dichiarazioni dell’Irpef, non arriva a 1250 euro, mentre la media generale è di 1600. Ed è assai superiore anche al reddito considerato minimo per vivere “senza lussi ma senza privarsi del necessario”: 1400 euro al mese se si è single, 2000 in coppia, 2400 in una famiglia composta da tre persone (dati Banca d’Italia, indagine sui bilanci delle famiglie). Secondo una ricerca pubblicata nel 2009 da The Journal of Positive Psychology, gli americani credevano che il loro livello di soddisfazione si sarebbe raddoppiato se lo stesso fosse successo al loro reddito. Ma lo studio di Princeton dimostra che non è così: solo il 9 per cento al duplicarsi dei guadagni diventava più felice. Non c’è dunque bisogno di rischiare l’illegalità per essere felici, anche se c’è chi non l’ha ancora capito. La “scorciatoia” (guadagnare tanto anche in modo disonesto, evadendo o corrompendo) «è il fenomeno più grave di questi tempi», spiega la scrittrice Nunzia Penelope, che dopo 'Soldi rubati' ritorna in libreria a ottobre con 'Ricchi e poveri' (Ponte alle Grazie). «L’avidità spinge in alto l’evasione e la corruzione, che hanno raggiunto livelli record, sottraendo 200 miliardi l’anno ai conti pubblici.
Il dilagare dell’illegalità economica è la prima causa della crisi che mette in ginocchio l’Italia, costringendo il governo a manovre durissime. In parallelo aumenta intanto la diseguaglianza: i dieci italiani più ricchi possiedono quanto i tre milioni più poveri, e i primi venti top manager hanno guadagnato nel 2011 quanto 70mila operai e 150mila precari». Ma quant’è diffusa da noi l’idea che si debba guadagnare sempre di più, anche a detrimento di altro? «In genere negli studi si riescono a identificare due tipologie», aggiunge Becchetti, che a giugno ha pubblicato con la Bruno Mondadori 'Il mercato siamo noi'. «Chi al primo posto nella scala dei valori mette le variabili materiali, e chi invece sceglie amicizia e affetti. E i primi tendono a esser meno felici, in quanto hanno come obiettivo una variabile che non genera mai soddisfazione stabile, e soffrono di più del confronto con gli altri». La scrittrice Nunzia Penelope afferma: ''vedo purtroppo un nesso tra l’aumento dell’ossessione per il denaro e un fenomeno che solo da poco sociologi e psicologi stanno iniziando a studiare, la sempre più ridotta capacità delle persone di innamorarsi veramente. È il paradosso dei nostri tempi: si ritiene meno rischioso investire in titoli finanziari, magari tossici, che in affetti''. Eppure, già i filosofi Aristotele e Adam Smith avevano messo in guardia dal puntare tutto sul Dio Denaro.
E nel 1974 Richard Easterlin, docente di economia all’Università della California meridionale, aveva definito il paradosso della felicità (o paradosso di Easterlin), secondo cui, quando aumenta il reddito, la felicità umana cresce fino a un certo punto, poi diminuisce seguendo una curva ad U rovesciata. Da tutto ciò non si deve però pauperisticamente ricavare la conclusione che “povero è bello”. Tutt’altro. Nel 2008 Business Week, incrociando un gran numero di dati, ha stilato una classifica dei dieci Paesi più felici del mondo: tranne Colombia e Porto Rico, le altre erano tutte benestanti nazioni europee (più il Canada). Ma come per gli Stati, anche per gli individui vale il principio che raggiunta una soglia accettabile di benessere economico a fare la differenza è come si spendono i soldi, non quanti se ne hanno. «Un decennio di ricerche ha dimostrato che si insiste nello spendere per se stessi, ma si dovrebbe passare dagli oggetti (tv e auto) alle esperienze (viaggi e serate speciali)», scrivono sul New York Times gli studiosi Elizabeth Dunn e Michael Norton.
fonte: http://d.repubblica.it/argomenti/2012/09/14/news/soldi_felicita_ricerca-1250756/